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La tradizione orale occitana

mercredi 2 mai 2012

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Lo spazio occitano ha conservato sino ai giorni nostri un corpus di canti, racconti, storie e leggende che furono in parte raccolti a partire dal XIX secolo, e di cui restano ancor oggi numerose testimonianze, ora registrate su supporto numerico. Il raccolte di Montel e Lambert per il Languedoc, di Félix Arnaudin per la Grande Lande, di Jean-François Bladé per la Guascogna e l’Agenais, o ancora di Damase Arbaud per la Provenza, sono oggi completate dai lavori di numerose strutture.
Il leggendario consta di numerosi racconti eziologici che mettono in scena un gigante. In genere, si tratta di Gargantuà. Ma si rinvengono anche racconti relativi a siti archeologici o testi storici: si tratterà allora tanto del vedèl d’aur (o cabra en aur, vello d’oro in Guascogna), che di luoghi sacri rivelati dalla scoperta — fatta da un bue — d’una statua, di sotterranei che collegano castelli (ròcas, mòtas, cailars, castèths…) separati da un fiume, di grotte rifugi (cava dels angleses), di campane inghiottite dai gorghi (campanas negadas dins de gorgs).

Il repertorio cantato comprende canti e compianti dalle origini più o meno leggendarie (Èran tres fraires, Lo boièr, Se canta, Al ròc d’Anglars…), canti identitari d’ispirazione felibrista, canti di questua e parodie del sacro, canti natalizi (nadals, nadalets, novés…), canti di lavoro (meissonièiras) o di mestiere, arie da ballo (branles, rondèus, borrèias, pòlcas, valsas…), canzoni licenziose o sul bere, canzoni nuziali (regrets, mal maridadas…), canzoni e formule per l’infanzia (passejadas, sautairas, breçairòlas…).

Per ciò che riguarda il racconto, sono rappresentate tutte le categorie: racconti meravigliosi (Joan de l’Ors…), racconti fantastici (contes del Drac), di animali (Lo lop e lo rainal, Mitat di gal…) religiosi, facezie e cicli dei grulli (Joan lo nèci, Joan lo bèstia…).

Le storie di esperienze relative ai lupi e ai morti che ritornano (trèvas, armas de l’esprecatòri) affiancano quelli che evocano esseri fantastici come le fate streghe (fachilièras / hachilièras, fadarelas, mascas, mesenièiras, fadas / hadas / hadetas…), il Drac o Drap, essere proteiforme che potrebbe essere il figlio del diavolo, il lop òme (uomo lupo) guascone o il Leberon limosino.

Gli iettatori (che sono detti emmascaires, devinhas, empatufaires, sorcelors o fusica) non sono mai troppo lontani, e spesso si conoscono ancora le pratiche che permettevano di proteggersi da questi: con lo vestit virat a la revèrs, un caulet desrabat, un vestit tustat a còps di pal, di clavèls rovilhats bolhits, o attraverso benediccions particolari…

Questo panorama rapido della tradizione orale occitana si concluderà con una delle formule rituali che chiudevano i racconti che si trasmettevano un tempo durante la veglia, custodendo le greggi, o nella bottega di un artigiano.

E cric e crac, mon conte es acabat ! (E cric e crac, il mio racconto è finito).

Christian-Pierre Bedel,
direttore dell’Institut Occitan dell’Aveyron

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